Polpo07

Storia di un’amicizia nata per strada

(Michele, Emilio, Chiara, Patricia, Annalisa)

In casa Brambilla Fumagalli si respirava fermento quella calda mattina di estate. Il signor Brambilla dava ordini come un perfetto ufficiale militare e la signora correva a destra e manca per soddisfare le sue richieste. La colazione fu diversa dal solito: lui che sfogliava l’atlante stradale mentre lei controllava la borsa. Quasi non si ricordavano di me, che anche io ero affamato e il mio stomaco era lì che me lo ricordava.

Mi persi le prime parole del discorso, ma sentii lei che scoppiò a piangere, e lui le disse:

—È l’unica soluzione per rimediare a questo stupido regalo di tua sorella. Non abbiamo figli e lei ti regala questa palla al piede che ci impedisce di essere liberi e felici.

Salimmo in macchina e partimmo verso il mare lungo l’A7. Arrivati a livello del casello di Berguardo, il signor Brambilla accostò nell’area di sosta di Battuda, quella immersa nel verde senza autogrill o telecamere. Mi fece scendere dall’auto e mi portò verso un albero. Lo guardavo scodinzolando felice. Arrivati nel verde legò il mio guinzaglio all’albero, non una carezza, si voltò, risalì in auto e partì.

Famelico, mi accucciai sotto l’ombra di quella frondosa pianta per proteggermi da quel sole assassino. Dovevo aspettare pazientemente che i miei padroni tornassero a riprendermi. Più tardi, in lontananza vidi che una persona camminava lungo la strada, sembrava piangere. Era un senzatetto che, vedendomi solo, mi si avvicinò. Avevo paura che mi portasse via e che il Brambilla non mi avrebbe trovato se fosse tornato a riprendermi. L’uomo misterioso voleva toccarmi e io gli ringhiai per avvertirlo di non farlo. Lui invece mi osò accarezzarmi ignorando il fatto che gli mostrassi i denti. Nel momento in cui mi accarezzò, sentii una strana, ma gradevole sensazione. Mi lasciai coccolare dal momento che ebbi la certezza che mi offriva un’amicizia sincera. Con le lacrime agli occhi, l’uomo mi disse che la sua famiglia l’aveva abbandonato proprio come la mia famiglia aveva fatto con me. Che ingenuo fui a non rendermi conto che ero diventato orfano… Mi ci vollero più di tre ore sotto quell’albero per capire che la famiglia Brambilla Fumagalli mi aveva scaricato per sempre. Solo ora posso dire che ritrovarmi su quella strada in mezzo al nulla era la cosa migliore che mi potesse capitare .

—Mi chiamo Lucio, e chissà tu come ti chiami?

Io non lo sapevo. I Brambilla Fumagalli non si erano nemmeno posti il problema di darmi un nome. “Lui”, “il rompi”… e poi tanti nomignoli cattivi erano stati gli appellativi con cui mi definivano in casa. Ma io, come ogni cucciolo inesperto della vita, ero contento comunque. Che nome mi sarebbe piaciuto? Adalberto. Gesualdo. Pierfrancesco. Perchè “Fuffy” e tutti quei nomi lì, mai mi erano piaciuti, quando li sentivo per strada.

—Beh, un nome dovrò pur dartelo: e dato che bisogna pensare positivo, sempre, Felice è il nome giusto per te.

 

Felice? Scodinzolai dimostrando che il nome mi piaceva!

Trotterellavo felice al fianco del mio nuovo amico e attraverso gli alberi arrivammo fino ad uno spiazzo ben tenuto, con una baracca al centro. Lucio ci teneva ad avere un luogo seppur di fortuna ed arrangiato, ma pulito, per quanto quelle condizioni di indigenza glielo permettessero. Entrammo e subito il padrone di casa iniziò ad armeggiare per preparare un pranzo. Quello che non potevo immaginare è che Lucio era stato un cuoco in passato, ed ancora se la cavava ai fornelli, anche se non erano più quelli di un ristorante, ma quelli improvvisati di un riparo di fortuna.

Condividemmo il pranzo fino a leccare i piatti. Mi avvicinai a Lucio e gli feci una carezza con il mio muso sulle gambe. Poi mi misi a riposare all’ombra di un albero vicino alla nostra casa. All’imbrunire fui svegliato dai fischi e dalle luci che puntavano in tutte le direzioni intorno. Alzai la testa sconcertato e vidi che una signora e un signore con vestiti uguali si avvicinavano a me. Mi misi in piedi e cominciai a ringhiare per la paura che ci facessero del male. In quel momento, Lucio uscì dalla baracca e mi fece qualche carezza tranquillizzarmi. I signori gli domandarono se io fossi il suo cane e lui rispose con un “Sì” deciso. Gli spiegò che mi aveva trovato legato a un albero a mezzogiorno e che adesso ero il suo cane e che avrebbero dovuto mettere in galera quei sapiens figli di satana che fanno queste cose e che non si azzardassero a portarmi via da lì.

—Infatti, signore. C’è stata la segnalazione di un cittadino che ha fatto una foto mentre il cane veniva legato e la macchina si allontanava —disse l’uomo.

—Allora cercate loro e lasciateci in pace! —urlò Lucio.

Lucio aggiunse che se non gli credevano, poteva fargli vedere il posto dove il guinzaglio era rimasto legato all’albero.

—Sì, signore. Lo abbiamo già visto. Stavamo cercando il cane per metterlo in salvo dall’autostrada. Ma vedo che ha trovato un alloggio sicuro e un padrone che lo difende con unghie e denti. Grazie.

Lucio era un intoccabile amico, anche se ci toccava dormire sempre per strada per elemosinare cibo e denaro.

Di  giorno ci sistemavamo nella solita nicchia della serranda chiusa del tabaccaio della stazione.

Pensavo ai Brambilla-Fumagalli, certo la loro casa era confortevole, ma con loro non stavo bene come con Lucio. Lui era pesantissimo con la sua mania ossessivo compulsiva. La povera Magda era succube del suo controllo, ma in cuor mio sentivo che prima o poi si sarebbe ribellata.

Vabbè inutile pensarci, era acqua passata e tutto sommato la vita di strada a me piaceva: tantissimi odori diversi, cibo da umani che le persone ci lasciavano e che Lucio condivideva con me cucinandolo con il suo talento.

Una signora ci prese una brioche e dell’acqua fresca al bar della stazione, in mano teneva un quotidiano un po’ stropicciato e Lucio le chiese se poteva lasciarglielo per raccogliere i miei bisogni. Lei lo cedette senza battere ciglio. Lucio lo sfogliò un po’ e poi lo dispose aperto perché io lo utilizzassi. Mi stavo mettendo nella classica posizione canina, pronto per le mie deiezioni, quando notai la foto di una coppia che accompagnava un articolo di cronaca locale. Titolava così: crollo in borsa per le azioni della Fumagalli-Brambilla. La fabbrica di sanitari della coppia brianzola in crisi dopo che la Brambilla mette alla porta il marito in seguito a una crisi matrimoniale.

Prendo bene la mira, e… plof , precisamente in faccia al Fumagalli.