Polpo04

Fuori dei limiti

(Patricia, Chiara, Michele, Annalisa, Emilio)

Durante il pomeriggio, Alain aveva camminato lungo le foreste di querce e pini che i due paesi limitrofi condividevano. Quando calò la notte dovette fermarsi perché la luna piena tardava a sorgere sulle montagne; non poteva rischiare di cadere da un dirupo. Si rifugiò sotto alcuni cespugli, sdraiato come meglio poteva, su un letto di foglie secche con la testa appoggiata su un pezzo di tronco secco. Accese l’ultima sigaretta e osservò il satellite cangiante attraverso il fogliame. Si sentiva disorientato senza sapere se fosse arrivato e, tanto meno, quanto fosse lontano dalla frontiera. Finì la sigaretta e si addormentò.

Sognò tutta la notte, la stanchezza lo aveva condotto a un sonno agitato, forse in previsione della giornata che lo attendeva. Quando all’alba si svegliò, si accorse di tutti i rumori della natura attorno lo avevano circondato durante il sonno: gli uccelli si stavano risvegliando, e piccoli fruscii indicavano la presenza di qualche altro essere vivente. Iniziò ad alzarsi, si pulì i vestiti dalle foglie, e stava per avviarsi quando sentì qualcosa di freddo puntargli il collo.

—Non ti muovere. Non fiatare. Nessuno ti può sentire né aiutare —disse una voce rauca.

Alain rimase come pietrificato. La lama di freddo metallo premeva decisa sul suo collo. Sentiva il cuore pulsare forte nelle vene e arrivargli alle orecchie. Abbassò lo sguardo e vide le loro ombre proiettarsi a terra. I secondi sembravano durare minuti, non osò proferire una parola a quella frase lapidaria che l’aveva raggelato. Avvertiva il respiro di chi gli stava alle spalle, era affannato e spaventato quanto il suo e la pressione della lama diventava più leggera. Inspirò a pieni polmoni quella che sarebbe potuta essere la sua ultima boccata d’ossigeno, e lentamente si voltò.

—Ma brutto figlio di puttana — disse Alain guardando in faccia Vito.  Ma sei impazzito a farmi questi scherzi?

Vito fece rientrare la lama e rimise il coltello in tasca.

—Fratello mio, però tu non puoi pensare di attraversare di notte da solo questi boschi senza che ti possa succedere niente! Ti avevo detto di aspettare un paio di giorni e avremmo fatto insieme l’escursione. Al rifugio mi hanno detto che eri già partito in solitaria e ho deciso di raggiungerti. Dai ora riposiamoci fino all’alba.

—Ma qual è il problema? Non c’era nessuno! Vabbè sediamoci.

I due amici si sedettero di nuovo tra le frasche, e Vito continuò:

—Tu lo sai cosa succedeva in questi boschi nel periodo del contrabbando? Si trafficava con sigarette come quella che hai spento qui ieri sera. In quegli anni, si sviluppò una sorta di tolleranza verso il contrabbando che, pur essendo un’attività illegale, veniva considerato con indulgenza, faceva “campare” i poveri. Il venditore di sigarette contrabbandate non era considerato un criminale, ma semplicemente vendeva una merce più economica. Io sono figlio di un contrabbandiere. Fin da piccolo cominciai ad aiutare mio padre a controllare il territorio —Vito fece una pausa e poi proseguì:

—Quando avevo tredici anni compii il mio primo assassinio. Sai dove gli ho tagliato la gola al capo della banda rivale? Proprio qui, all’ombra delle fresche frasche dove siamo seduti.

Alain si mise una mano sul collo e inghiottì a secco senza riuscire a guardare il suo amico negli occhi.