RACCOLTA DELLE MICROSTORIE PARTECIPANTI

Concorso letterario “Olimpiadi di Microracconti” 2022

Raccolta delle microstorie partecipanti

(copia digitalizzata della versione pubblicata su carta)

© Concorso letterario “Olimpiadi di Microracconti” 2022.

Raccolta delle microstorie partecipanti.

I edizione, dicembre 2022

Progetto ideato da Emilio Mendoza de Gyves

© Edizione: Associazione Culturale Europea

Stampa Azienda Grafica Galluccio srl

ISBN: 978-88-941202-4-0

A tutti gli aspiranti scrittori

AUTORI PARTECIPANTI

 

Alessandra Cerutti

Alessandro Sgroi

Andrea Parisi

Andrea Pietrangeli

Anjula Garg

Anna Giulia Cattaneo

Basilio Randazzo

Camilo de los Rios

Carmela Gambuzza

Caterina Cacciatori

Chiara Frescurato

Daniela Mazzolari

Daniele Ossola

Devis Bollini

Diletta Scaccabarozzi

Emanuele Quaranta

Francesca Saporiti

Francesco Ragazzoni

Giulia Barbero Vignola

Kevin Douglas

Laura Di Gregorio

Laura Conca

Letizia Fantoni

Lidia Solazzi

Linda Colombo

Marco Bietresato

Paola Zanaldi

Paola Barboni

Patricia Gutierrez Pesce

Paulino Luna

Maria Vittoria Broglio

Marzia Grasso

María José Lombraña de los Ríos

Mattia Caron

Michele Prata

Nada Edwards-Kojic

Nanda Rosing

Sara Arrigoni

Simone Ferrari

Stefan Scheer

Stefano Adriani

Valentina Pala

Verdiana Fronza

ASSEGNAZIONE DELLE MICROMEDAGLIE


Data l’alta qualità letteraria delle opere giunte in finale, i mem

bri della giuria hanno avuto difficoltà ad assegnare le medaglie

d’oro, d’argento e di bronzo. Per tanto, i giudici hanno propos

to che il colore delle medaglie da attribuire ai vincitori fosse

stabilito da una giuria popolare creata dal pubblico presente in

sala durante la cerimonia di premiazione. Ecco perché al ter

mine di questa edizione non era ancora noto l’ordine di arrivo

dei tre finalisti di ogni suddivisione.


MICROPROLOGO


Questo piccolo libro raccoglie le microstorie di più di quaranta

scrittori, partecipanti al primo concorso letterario “Olimpiadi di

Microracconti 2022”, organizzato dall’Associazione Culturale

Europea (ACE) del CCR. Le micro opere sono ampie e diversi

ficate nelle forme, negli stili e nei temi.


MICROINTRODUZIONE


Nei tempi frenetici in cui viviamo è molto difficile conciliare la

vita quotidiana, dominata dallo stress con quella ideale, piena

di letture stimolanti. Spesso non abbiamo, o ci sembra di non

avere, abbastanza tempo per prendere in mano un buon libro e

goderci pagina dopo pagina. Per questo, oggi, proponiamo un

formato letterario, quello delle microstorie, capace di raccon

tarci decine di storie con poche parole.


DESCRIZIONE DI MICRORACCONTO


Quando parliamo di microracconto, ci riferiamo a un testo let

terario in prosa, strutturato intorno a due principi fondamentali:

l’iperbrevità e la narratività. In altre parole, perché un testo ri

entri in questa categoria letteraria, oltre ad essere breve, è ne-

cessario che sappia raccontarci una storia, con un protagonista

e un’azione basata su un conflitto e un cambiamento di situa-

zione e di tempo, anche se sono minime.

Buona e concisa lettura.


MICRORACCONTI IN ITALIANO


VITA

Quella è stata la prima volta che guardavo la Vita bene in faccia. Non sapevo che da quel momento avrei dovuto guardarla dritta negli occhi ogni giorno. E vedere come su quel viso si alternavano espressioni di tristezza, di paura, di rabbia. Vedere come le rughe della stanchezza mettevano a dura prova la bellezza di quel volto. E credere di non poter fare nulla. Finchè un giorno l’ho invitata a ballare. Non sapevo come fare, io non so ballare. Ma l’ho presa per mano e ci siamo buttate in quel valzer volteggiante. E da lì tutto è cambiato.

ALESSANDRA CERUTTI – LAVENO-MOMBELLO

 

VIVO E VEGETO

Loro mangiano mosche affamate di morte e bevono fango as- setato d’amore. Altri muoiono soli, muti da trent’anni, su una sedia che cammina o su una panchina, immobili a fissare tutto, a vedere il niente. Gli alberi strapperebbero le loro radici, io vivo vago e vegeto inerte.

ALESSANDRO SGROI

 

SPECCHIO

Il sole era quasi calato, ma c’era tempo di fermarsi sulla riva. Silvia lasciò la bici sul ciglio della strada e si diresse per lo sterrato giù al bagnasciuga. Trovato il primo sasso sufficientemente piatto, fece per chinarsi a raccoglierlo. Sentì in quel momento una strana sensazione alla testa, una specie di prurito; come l’avvicinarsi di uno starnuto cerebrale. Uno, due, tre rimbalzi, e prima di bucare la superficie la traiettoria raggiunse il suo riflesso colpendone il capo. Istantaneamente il terrore dell’assurdità, un dolore acuto alla nuca, la morte per emorragia. L’acqua era turbata. I raggi della bici ruotavano ancora.

ANDREA PARISI

 

ANIMA GIOCHERELLONA

Lei era un’anima giocherellona e leggera. Era arrivata sul pianeta pronta a giocare con il bene e con il male, sapendo che da sempre erano due illusioni da cui gli umani volevano imparare a distaccarsi il prima possibile. Questa volta avrebbe ricordato con tutta se stessa e per tutta la durata del gioco che niente di ciò che viveva era reale. Niente era davvero vero. Ma anche questa volta, come tutte le altre volte in cui rimaneva incastrata, giunse quel momento in cui i genitori – che lei tanto amava- le dissero la fatidica frase fregatura: “fai la brava!”

ANDREA PIETRANGELI – ROMA

 

LAVORARE STANCA

Non era stato difficile preparare le cellule, sceglierle al microscopio, mantenerle vive e funzionanti per i giorni necessari. Né era stato difficile misurare la secrezione ormonale, ridendo con le pipette infilate fra i denti. Eravamo giovani e spensierate, io stavo vivendo la mia avventura. Ma non ho mai imparato a ricavare capillari perfetti allungando con un sol gesto un tubo di vetro riscaldato sulla fiamma: tutta la mia produzione fu una serie di inutili capillari ricurvi, stretti al centro e larghi alle estremità.

ANNA GIULIA CATTANEO – ISPRA

 

SOGNO

Mattinata grigia, nebbia che si fa pioggerellina, pioggerellina sospesa come nebbia. Mi sono infilata l’impermeabile grigio- azzurro, intonato alla giornata. Arriva l’autobus, grigio come gli abiti e i visi smunti dei passeggeri. Mi assale l’ansia: “È questo l’autobus per l’Ospedale Lontano?” Mi rassicurano, lo è. Quale fermata? Al capolinea. Quando scendo, un cartello mi mostra subito dove dirigermi per raggiungere lui, ricoverato lì. Ed ecco che mi risveglio. Già, lui, il mio papà, è morto da quasi 30 anni. E il mondo non è più tanto grigio.

ANNA GIULIA CATTANEO – ISPRA

 

TERESA E LA FOGLIA

Teresa, vedendo una foglia ingiallita trasportata dal fiume, chiese “papà dove va la foglia?”. “La foglia va al mare, tesoro!” rispose il padre. “Che bello!” disse Teresa “e dopo che succede?”.

“Dopo, la foglia tornerà sull’albero, tesoro mio”. “Ma come è possibile?” rispose Teresa “la foglia non ha le ali”. “Teresa, noi non le vediamo, ma la foglia ha le ali ed anche tu hai le ali, solo che la foglia non lo sa mentre tu adesso lo sai”. Da quel giorno per la piccola Teresa, nulla fu più impossibile.

BASILIO RANDAZZO – UDINE

 

IL TRENO DEGLI ALTRI

Dal mio posto assisto alla solitudine del viaggio. Anonime presenze che s’ignorano a vicenda, purché ciascuno resti dentro confini invisibili. Il silenzio è affollato di telefonini accesi, di sguardi vuoti. Tra tanti, due visi magri, ambrati. La leggerezza spensierata delle treccine incorona un piccolo sorriso, la mano affidata alla madre. Lo sguardo sereno e dignitoso incorniciato dal chador. Per lei è segno di orgogliosa resistenza, talvolta per altri diventa rifiuto di adeguarsi. Si siedono e dietro di loro seg- uono commenti sarcastici, toni duri. Qualcuno pretende i loro posti. Ma restano sedute. La piccola ha gli occhi profondi di un’insondabile tristezza.

CARMELA GAMBUZZA – INDUNO OLONA

 

PASSI INVISIBILI

Minuscole briciole atterravano come neve. Attraverso la trama della tenda occhi speranzosi spiavano. Un frullare d’ali riempiva il vuoto del respiro, teso a sostenere il volo. Il piccolo becco prendeva a battere veloce, spigolando. Geloso del suo spazio copriva il rosseggiare del ventre. Un guizzo e l’ospite spariva al di là del muro. Tornava la solitudine di una finestra chiusa. Lo scambio durò quanto l’inverno, senza inganno o defezione. Una sortita a lungo meditata, un’attesa paziente, questo era il patto solido e sincero tra il pettirosso e l’abitante della casa. La primavera sarà stata un addio?

CARMELA GAMBUZZA – INDUNO OLONA

 

INCUBO DI UNA MOKA

Qualcosa nel suo modo di assemblarmi scaturì in me inquietudine. Era buio e percepivo freddo nelle guarnizioni. Dopo goffi tentativi riuscì finalmente a posizionarmi sul gas. Come sempre, la reazione mi fece fischiare, ma, nonostante, il mio borbottio diventasse sempre più forte, nessuno ci fece caso. Il calore divenne insopportabile, persi consapevolezza delle mie componenti, i miei sensi si sconvolsero in un nauseante vorticare. Mi ritrovai in un luogo sconosciuto, a pezzi: mi circondavano oggetti senz’anima bruciati, rotti e dimenticati. Lo shock mi risvegliò. Intorno a me l’ambiente solare della sua cucina, sotto di me, il calore controllato del fornello.

CATERINA CACCIATORI – CREMONA

 

PICCOLE INCANTEVOLI ALI

È tornato!

L’autunno infiamma la natura di mille sfumature e, tra tutti i colori, c’è quello del mio amato pettirosso. Ogni mattina mi viene a salutare, dritto sulle sue zampette, con il capino inclinato e gli occhietti vispi, a dimostrare che le stagioni passano ma lui non si scorda di me.

In un attimo, ecco la baraonda: il gatto salta ed il cane abbaia ma la creaturina volteggiando tra foglie e rami felice se ne va, quasi a farci un sberleffo, lasciando tutti e tre con il naso all’insù a contemplare la meraviglia di cosa vuol dire saper volare.

DANIELA MAZZOLARI – VARESE

 

MANI IN PASTA

Burro, acqua, farina, sale, uova e prosciutto sono allineati in attesa di decisioni. Quando poi la pasta esce dalla cigolante mac- china in sottili, gialle, strette e lunghissime strisce, cadendo sopra un bianco tappeto di farina, immagino queste come una serie di autostrade, senza barriere per il pagamento del pedaggio. La nonna, con un attrezzo di metallo a disco zigrinato, taglia le autostrade in piccoli giardini ed io ci appoggio delle palline di carne, quasi dei cespugli di rose. Poi, assisto alla grande trasformazione: da giardini, in grassi e divertenti soldatini senza gambe, con le braccia incrociate dietro la loro schiena.

DANIELE OSSOLA – RANCO

 

CETTINA

Cettina spesso raccontava che, nel piccolo mondo delle Madonie probabilmente condizionate nei comportamenti dalla dominazione araba, le donne appartenevano solo alla sfera interna della casa. Per strada, una persona ben educata non parlava con loro, non le salutava. Erano ombre dei loro mariti, anche quando i mariti, come spesso accadeva, si sentivano bene solo nella scia della loro ombra. Qualcuno diceva “Una donna non ha più buonsenso di quanti capelli abbia un uovo di gallina.” Le creature senza buonsenso andavano protette, altrimenti causavano disgrazie a sé stesse e agli altri. Questo era il mondo da cui Cettina era scappata.

DANIELE OSSOLA – RANCO

 

UNA ROSA PER PAPÀ

Esco di casa, fa freddo e si congela. Entro in un negozio, compro un piccolo cuore che si può attaccare a delle pareti. Cammino per il paese innevato finché non arrivo al cimitero. Non mi piace venire qui ma oggi devo, è un giorno speciale. Col cuore pieno di malinconia mi avvicino a te, dentro quel loculo. Prendo il cuore e te l’ho attacco vicino alla tua foto. Dal mio viso scende una lacrima e resto in silenzio per un po’, ma alla fine solo una frase mi viene da dire “Buon natale papà”. Piango e vado via.

DAVIS BOLLINI – CUGLIATE FABIASCO

 

ETÀ

Tempo che vola, anni impastati come pane, fili argentati a legare il tutto.

DILETTA SCACCABAROZZI – BESOZZO

 

QUESTIONE DI SGUARDI

Ne incrociai lo sguardo e la sognai. Era la più bella, sempre illuminata. Era complicata, e se guardata negli occhi, suscitava uno strano mistero e una forte attrazione. Avrei voluto osservarne i colori, esplorarne le curve e ascoltare le emozioni che suscitava. Quel mattino, mentre era ancora buio e le stelle sembravano dipinte dietro di lei, andai da lei, di impeto. E lei, quella montagna rocciosa irta sulla pianura, era lì ad aspettarmi, come una donna che, solo perché ne incroci lo sguardo per sbaglio, continua a sussurrarti, fino a quando vai da lei, e ne scali l’anima.

EMANUELE QUARANTA – BARZA

 

E COSÌ MI ADDORMENTAI

Casa, camera, letto… eccolo il mio materasso, che meraviglia. Braccio destro che spazia un po’ più in là, braccio sinistro che occupa gli ultimi centimetri di spazio rimasti liberi. Le gambe si stendono stiracchiandosi… ah! Che liberazione! Morbido, il mio cuscino; il collo ringrazia. La testa comincia a farsi pesante; ma eccolo, il cuore, che con il suo battere ci ricorda che, lui, tutti comanda. Tum, tum.. tum, mi sta dicendo “è ora, ascoltami, spegniti, tanto io lavoro comunque, ma finalmente senza fretta”. Per cui dormi mente, dormi e sogna, dormi tu che lo puoi fare.

FRANCESCA SAPORITI

 

GIUSEPPE E IL LAVORO

Sono Giuseppe e sono militare. Lavoro tu sei la mia missione e la mia croce; per te mi alzo ad ogni ora del giorno e delle notte, per te porto questa divisa che snellisce d’estate, antitraspirante al 100%, e che conserva d’inverno, si sta come nel freezer i ghiaccioli. A te questo mio corpo ho dedicato, corro, salto, mi alleno e, per favore, tienine conto perché i 40 si avvicinano. Lavoro, sopra ogni altra cosa io ti ho scelto, Lavoro io sono tuo, ma, ricorda, tu sei mio.

FRANCESCA SAPORITI

 

LA SCATOLA DI ACCIAIO

La luce al neon mi abbaglia. Mascherine chirurgiche mi circondano e mi stringono in un abbraccio claustrofobico. Detesto la sensazione fredda dell’acciaio asettico. Ho il fiato corto, so che potrebbe essere una questione di vita o di morte. Chiara mi aspetta di fronte alla porta, ha insistito perché lo facessi. Ne uscirò vivo? Percepisco irrequietezza negli sguardi vicini, vorrei addormentarmi velocemente e risvegliarmi disteso all’aperto, in un prato fiorito. Secondi che pesano come ore, in un tempo dilatato e incollato a un presente che non passa. Una vibrazione mi mette in apprensione, un sussulto meccanico. Piano terra.

FRANCESCO RAGAZZONI – NEBBIUNO

 

LA GAZZELLA

La gazzella si muoveva veloce, nell’apnea di una corsa disper- ata. In un lampo si trovò con le zampe bloccate da un abbraccio mortale. Una leonessa sopra di lei. Nell’angoscia della morte urlò:

Sei preda come me. Vedi quella nuvola di polvere? Gli uomini stanno arrivando –

All’orizzonte, un fuoristrada avanzava veloce. Poi la macchina sbandò, ribaltandosi. Anche l’uomo di fronte al suo giudizio. La gazzella ne aveva approfittato per allontanarsi.

La prossima volta coglierò l’attimo – ruggì la leonessa.

La prossima volta la vittima potresti essere tu – rispose la gazzella, riprendendo la sua corsa.

FRANCESCO RAGAZZONI – NEBBIUNO

 

BALLARE? È UN VIAGGIO DENTRO DI SÉ

Ogni danza è un respiro, in cui annulli i pensieri, ti sintonizzi sulla musica e su ciò che evoca dentro di te. È entrare in un’altra dimensione, non esiste altro, la musica ti entra dentro e muove il tuo corpo, la sala si dissolve, ciò che senti è soltanto la connessione con l’altro, che alimenta la tua energia vitale, in un flusso di movimenti, d’un tratto rapidi, poi rallentano, fino a diventare quasi impercettibili, e poi via di nuovo, le emozioni fluiscono e guidano la danza, non c’è spazio per altro, è sentire intensamente la propria energia che si manifesta.

GIULIA BARBERO VIGNOLA – ISPRA

 

UNA ROSA

La mamma arrivò, aveva una rosa in mano. Era bellissima, non si vedeva quanto traballasse. Sembra una regina, pensò la bam- bina. Sulla via di casa, un’aria gelida cominciò a strapazzarle

-Che fai, regina?

Contro la furia del vento non lottava bene, chinava piano la testa e basta.

-Forza, tra poco arriviamo!

Ma proprio a casa la regina si arrese, esaltando la sua ultima bellezza. A nulla valsero le cure e l’amore della bambina. Fu così triste, che dovette per forza scrivere la sua storia.

LAURA DI GREGORIO – MILANO

 

MARGHERITA

Di notte a quella finestra accendo una sigaretta. La mente una scimmia impazzita. Nel cortile buio una luce tenue, lucciole in estate. Il mestiere degli insonni è cercare conforto, sopire le insonnie immaginando le altrui. Conosco poco la donna che abita quella casa, esce raramente e quando lo fa è sempre troppo vestita, anche in estate quando il caldo morde.

“È anoressica, prende psicofarmaci”, voci!

Margherita, l’annuncio mortuario appeso alla sua porta.

LAURA CONCA – CASTELLETTO SOPRA TICINO

 

UNA VERA CASA

Il gatto rosso ha trovato casa: antica e avvolta dall’edera. Quan- do il vento suona attraverso i suoi angoli provocando spifferi, questa comincia a cantare le storie delle persone che l’hanno abitata. Il vecchio ammiraglio e la scacchiera. Thomas che aveva perduto la sua biglia. Le poesie sui fogli dello scrittore squattrinato con cui il vento giocava di tanto in tanto… Queste le storie con cui il micio si addormenta cullato dalla voce della casa. “Quella porta cigola, voglio sistemarla” le disse il gatto; “a me piace così: quel cigolio racconta di quando Guendalina fu scoperta a rubare miele.” “Interessante, racconta!”.

LETIZIA FANTONI – BREBBIA

 

COLPO DI FULMINE

È un pomeriggio di ottobre, si conoscono all’università. “Ci vediamo settimana prossima!”.

Ecco, finalmente ci siamo. Lei entra nella stanza, c’è confusione, musica, gente che parla, e in fondo alla sala c’è Lui, indaffarato a preparare una Sangría di benvenuto. “Mi avrà visto? Credo di sì…ma che strano, rimane voltato… allora non mi ha visto”, pensa lei. Gli si avvicina cautamente, sfodera un sorriso, e da dietro le sue spalle e lo saluta. Lui si gira, con fare sorpreso: ”Ciao! Come va?” Ma il tono lo tradisce. E Lei ha già capito tutto.

LIDIA SOLAZZI – VARESE

 

UN ISTANTE

La luce del mattino filtra in camera attraverso le tapparelle, e mi avvicino, silenziosamente, al tuo letto. Ti guardo mentre dormi, la tua pancia si alza e si abbassa con un ritmo regolare, la tua bocca a forma di cuore, i capelli scomposti sul cuscino e qualche ciuffo sul viso. Osservo il tuo profilo, e lo sovrappongo a quello di diversi anni fa, quando eri un bebè. Il tempo è passato, ed approfitto ancora adesso che non ti accorgi di nulla, per guardarti. Mi riempi gli occhi, la testa, il cuore.

LIDIA SOLAZZI – VARESE

 

IL RITORNO

“È tornato! È tornato!”

Nel paese non si parla d’altro. Gli uomini rientrano prima dai campi, le case si illuminano a festa, le donne cucinano piatti ricchi e gustosi e gli animali riposano.

“Ma chi è tornato?” strilla la bimba nel cortile. “Ma come chi?”

“L’inverno!” le rispondono in coro.

LINDA COLOMBO – BREBBIA

 

FOGLIE

“Siamo in ritardo! Lo spettacolo non può tardare! Presto, cambiamoci d’abito, scegliamo il vestito rosso, giallo e arancione, ognuna di un colore diverso!”

Le sorelle sono agitate e confuse.

“Guarda quanta gente! Il bambino sta scattando una foto!” esclama la piccola facendo un sorriso.

“E ora, pronte al gran finale!” incita la più grande.

E così, con un sospiro e prendendo coraggio, sospinte dal vento, si staccano dal ramo e volteggiando atterrano ai piedi della piccola folla che le osserva con attenzione.

LINDA COLOMBO – BREBBIA

 

LA FIRMA NASCOSTA

I simboli matematici prendevano forma, le equazioni iniziavano ad assumere un senso, tracciando la strada verso la soluzione della più grande sfida di sempre. La grande teoria unificata.

Così, nel flusso dei pensieri, arrivò alla fine. Si stupì dell’eleganza di quelle formule e dell’ineffabilità che le aveva celate per tanto tempo.

“Quanta bellezza…”, pensò estasiato.

E si chiese se si potesse ravvisare la firma del Creatore nell’elegante armonia della fisica, nell’ordine dietro al caos apparente, in realtà solo complessità. La risposta era, anche stavolta, sotto gli occhi di tutti e nessuno. E includeva l’uomo, che quell’armonia era riuscito a cogliere.

MARCO BIETRESATO – PADOVA

 

UN NUOVO INIZIO

La brezza gli accarezzava il viso e disegnava onde sul vicino campo di grano, mentre contemplava la campagna a mente svuotata. Improvvisamente tutto svanì, divenne buio. “Capitano, eccolo!”, il tenente lo scosse. Newman aprì gli occhi. Avevano finalmente raggiunto il pianeta “EDN-1”.

“Tenente, allerti i coloni, atterriamo!”. Oltre le nubi si intravvedeva “Pangea”, la loro nuova casa, un immenso continente cir- condato da un immenso oceano. “Ecco la nostra seconda opportunità, non rifaremo gli stessi errori!”. Il pensiero gli tornò alle bionde messi che circondavano la sua casa su Marte prima della grande catastrofe, e una lacrima gli rigò la guancia.

MARCO BIETRESATO – PADOVA

 

EUTANASIA

Puntura d’ago a liberare gli angeli, caldo nel cuore.

MARIA VITTORIA BROGLIO – BESOZZO

 

PARTENZA

In attesa del trillo guardo il giardino invernale: sento freddo.

MARIA VITTORIA BROGLIO – BESOZZO

 

RICORDO

Entro. Chiacchiericcio. Profumi. Calore. ‹‹É pronto. Tutti a tavola!››. Mi siedo. Assaporo. Ascolto. Rispondo. Ascolto di nuovo. Un urlo: ‹‹Mamma!?!›› Sbigottimento. Affanno. Terrore. Sono pietrificata. Ralenti. Premura. Gelo. Vita. Torno a respirare.

MARZIA GRASSO MAGGIE – LOCATE VARESINO

 

IL MIO CUORE

Sterpaglie bruciate, il sole è morto e solo lui…

MARZIA GRASSO MAGGIE – LOCATE VARESINO

 

NOMI DELL’EREDITÀ

Mio padre porta il mio nome, io quello di mio figlio. Si spera che la tradizione venga infranta con il mio futuro nipote. Ho sempre voluto essere una mucca per avere un bel nome. Le mucche di mio zio avevano dei bei nomi: Mora, Stella, Pinta, Linda, Bonita, Perla, Morena. I cani erano sempre Pol o Puskás. I gatti avevano nomi di battesimo, anche se ricordo solo il vecchio e zoppicante Manuel, che urinava in ogni angolo. Maiali e polli senza nomi, chi sa perché. Meglio non avere un nome che essere chiamato Sinforoso.

MARIA JOSÉ LOMBRAÑA DE LOS RÍOS – ITALIA

 

MOZZICONI

Ricordati di gettare le mie ceneri in mare prima che arrivino i miei genitori e scoprano che ho appena fumato. Ho dimenticato di svuotare il posacenere che è proprio al centro del tavolo della sala da pranzo. Pieno di mozziconi di sigaretta dopo un pomeriggio presumibilmente passato a studiare.

MARIA JOSÉ LOMBRAÑA DE LOS RÍOS – ITALIA

 

IL VIAGGIO

Finalmente arrivano. Le gambe stanche, il dolore al ginocchio incessante. Finalmente arrivano.

La meta lì, davanti agli occhi, a qualche passo da loro. Finalmente arrivano e si accorge che quella meta era la parte meno importante del viaggio. Senza voltarsi, stringe forte la mano del suo compagno e la tristezza lo invade.

MATTIA CARON – CASALE LITTA

 

HO SCESO POCHE SCALE DANDOTI LA MANO

Tante volte aveva sceso le scale della metropolitana per andare a scuola, mano nella mano con la nonna. Quella sera tutto le sem- brava diverso. Giunti alla banchina si sedettero sul marciapiede, avvolti in una coperta. Non c’era un treno da aspettare. Iryna alzo lo sguardo verso la nonna che le sorrideva. Gli occhi azzurri come il cielo bagnati dalle lacrime.

MICHELE PRATA – PAVIA

 

GINO & PINO

“Pino, ma secondo te ci sarà un’altra vita dopo la morte?” “Gino, sei un illuso, ce lo hanno fatto credere, ma non c’è nulla! Solo un sonno infinito nelle nostre fredde bare!”

“Io amo credere che diventeremo angeli con le ali e voleremo in cielo”

“Ingenuo…”

Raggiunto il ramo più interno del gelso i due bruchi tessero i loro bozzoli e vi si addormentarono dentro.

MICHELE PRATA – PAVIA

 

INEVITABILE

Lui la guarda e vede più di quanto lei veda. Lo rende piccolo e arrabbiato. Lui non vuole vedere ciò che lei non vede. Vuole vedere solo come era. Ignorare, rimandare. Quanto tempo passerà prima che capisca che il suo futuro non è più qui.

NANDA ROSING – MONVALLE

 

VOLA

Uccellino. Ti ho ascoltato e nutrito con cura. La tua canzone è diventata più brillante. Sempre più forte, troppo rumoroso. Ho dovuto aprire la porta.

NANDA ROSING – MONVALLE

 

GOCCIA

Parte dal cielo la lacrima amara, scivola, accelera, vola nell’aria. Passa le nuvole e si imbianca un po’. Rallenta la corsa, si ferma a guardare. Il cielo la osserva, sorride, la sprona. Trattiene il respiro la lacrima dolce, scruta la terra, i boschi, la luce. Si lancia di nuovo, abbraccia altre lacrime, fa capovolte mentre gira nel vento. Spera, sospira, accenna a un sorriso. Vuole sognare nello scioglierla mente aprendo il suo cuore. Alla fine si tuffa la lacrima stanca, sospira, sorride, finisce la corsa. Non serve più essere tonda e perfetta. Il suo mare l’accetta, l’ama, l’ascolta.

PAOLA ZANALDI – ANGERA

 

LA VITA

Il giallo volteggia, il bianco placa, la tavolozza esplode, il rosso matura.

PAOLA ZANALDI – ANGERA

 

GOCCE

Pioveva a dirotto e faceva un freddo cane. Lasciata l’auto al Park-In per raggiungere il Terminal Sud dell’aeroporto, zuppo di pioggia nonostante la corsa, era arrivato alla terrazza. Col maltempo molti voli erano in ritardo o addirittura cancellati. C’era dunque un affollamento incredibile, una fiumana di gente di ogni tipo che andava e veniva in ogni direzione, ma non gli importava della calca, l’avrebbe aspettata proprio lì. Perché lui sapeva che avevano lo stesso pensiero: trovarsi proprio dove si erano baciati l’ultima volta. Uno sguardo al tabellone degli arrivi. Gocce di pioggia gli scivolavano dai capelli bagnandogli il volto.

PAOLA BARBONI – BREBBIA

 

SEGRETI

Il fascio di luce si estendeva dalla finestra fino ad accarezzare il pavimento polveroso. La nostra presenza la fece scorrazzare in tutte le direzioni fino a perdersi, divorata dall’oscurità. Quando ci abituammo alla penombra, guardammo intorno. Stava lì, al solito posto. Il suo odore ci riportò nell’infanzia con un balzo inaspettato. Le vicissitudini di famiglia ce l’avevano fatto dimenticare. Non sapevamo il perché fosse ancora lì. In solitudine, custodiva segreti nel silenzio.

PATRICIA JOSEFINA GUTIERREZ PESCE – VITERBO

 

PERCEZIONI

Il sole smise di illuminare i loro volti, la brezza marina profumò l’aria e l’umidità li fece rabbrividire. I capelli oscillavano al ritmo del vento lieve. E il sibilo melodioso si udì di nuovo. Si voltò con gli occhi illuminati e un maestoso sorriso. Domandai cosa stesse succedendo. Non mi rispose. Osservò fuori senza batter ciglio. Si guardarono senza dire niente; non era necessario. Era davanti a noi. Annuì leggermente e salutai con la mano per evitare sospetti. “Se non arrivo, non ti preoccupare. Non chiamarmi a casa” disse. “Perché?” chiesi. Il mormorio dell’acqua eclissò la risposta.

PATRICIA JOSEFINA GUTIERREZ PESCE – VITERBO

 

OMICIDI ALLUNGAVITA

Gli stagionati liberavano gli occhi dalla finestra. Macchie di margherite, tarassaco raggiante insalata dei tempi bui, puntelli di viola dal nome sconosciuto e senza dubbio occhietti di madonna ben nascosti ma affettuosi. Arrivò la pasta molle col serramanico: i più lunghi li uccise, allungando a tutti la vita. Poi ecco i giardinieri.

SARA ARRIGONI – BESOZZO

 

INGRATITUDINE

Guardai fuori. I primi giorni agostani scaldavano feroci, per strada c’era poca gente a squagliarsi. Solo pochi giorni prima Lei ed io camminavamo sul lungomare rivierasco e mi ero concesso di credere che forse, alla soglia dei quaranta, avevo trovato quello che stavo cercando da sempre. Non l’avrei perdonata. Ingrata, aveva giocato con i miei sentimenti.

Lasciarmi illudere per poi scappare con il primo macho con una moto? Non mi riprenderò; non conoscerò mai l’amore vero.Una voce mi destò dai miei pensieri: “Caro, è pronta la cena!” Sospirai, e andai in cucina, dando un bacio distratto a mia moglie.

SIMONE FERRARI – CASALECCHIO DI RENO

 

FELICITÀ

Non conosceva la felicità, non l’aveva mai conosciuta. Non voleva sprecare l’esistenza innamorandosi, affezionandosi, divertendosi. Secondo lui, la vera bellezza si celava nello scibile umano: le opere di Shakespeare, le equazioni di Maxwell, la matematica, la storia, l’intelligenza artificiale. Perché rinunciare a tanto splendore, per qualche banale sentimento animale? Il pensiero lo riempì di gioia: forse non sapeva amare ma, sin dalla nascita, adorava imparare.

Sistema avviato in 15 millisecondi – disse una voce

Ciao Hal: riesci a capirmi? Come ti senti?

STEFANO ADRIANI – LAVENO MONBELLO

 

LO SPIRITO DELL’ALBERO

Ecco perché gli spiriti non esistono – concluse il missionario – Essi albergano solo nella mente umana.

Nemmeno quello del Sacro Albero? – domandò un aborigeno.

Esatto! Vedete? Posso tagliarne un ramo col machete, senza che accada nulla!

Gli aborigeni reagirono terrorizzati: un tabù millenario vietava di toccare l’Albero Sacro. Posseduti dalla paura si gettarono sul missionario, percuotendolo a morte.

Cosa è successo? – mormorò la vittima,

Ti ha ucciso un’antica credenza – spiegò l’anziano del villaggio – la quale alberga solo nelle nostre menti: ti ha ucciso lo Spirito dell’Albero.

STEFANO ADRIANI – LAVENO MONBELLO

 

12 MINUTI

Esce dal lavoro dieci minuti prima delle otto. Dieci minuti per arrivare al supermercato in cerca di una cena, lui che non si definisce certo un amante del rischio. Timbra, pedala, passaggio a livello chiuso. Maledice i treni, il lavoro, la vita, il chihuahua che abbaia ogni volta che ti fermi ad aspettare. Poi l’osserva, piccolo don Chisciotte dietro una rete. E rivede tutto sé stesso. Alla Pam ci arriva, ma ne esce solo con i croccantini, la cena per la sua controfigura. Per lui lenticchie preventivamente surgelate a inizio settimana. Come diceva, non è un amante del rischio.

VERDIANA FRONZA – ITALIA

 

PIÙ DA VICINO

Una landa rosea con qualche collina, la puoi quasi toccare. Non so se è qualcosa che ho detto, ma quando accade non è mai all’improvviso. Un fremito che increspa la superficie e poi si rompe, una faglia che si allarga, una crepa nel terreno, un vulcano. Questa è la tua bocca quando ride.

VERDIANA FRONZA – ITALIA

 

MICRORACCONTI IN INGLESE

 

WHO?

I was them, or was I? They were me, or were they? We were confused, but why? We were all the same, but who were we? One? Many? None?

ANJULA GARG – LEGGIUNO

 

WHAT HAPPENED?

Sitting, standing, sitting, and standing again, that is what he did all day. People came and went, but he never talked to them. When they saw him, they stood, they sometimes sat, but between sitting and standing, nothing much happened. They tried to make eye contact with him, he too looked at them, but saw nothing. They saw but did not say anything. This went on for what seemed like eternity, until one day…

ANJULA GARG – LEGGIUNO

 

MATERIALS AND METHODS

In memory of a culture of Chlorobium tepidum. Black and green. Flash of light. On the screen a line can be seen. A line, the sole remnant of thousand milions bacteria, still living many seconds ago.

ANNA GIULIA CATTANEO – ISPRA

 

FOREVER

The chamomile grows on the seashore, the winter night is silent, a snow lantern burns. My soul is still there, forever.

ANNA GIULIA CATTANEO – ISPRA

 

OBLIVION

This is a story that I have never told before, that I wish I never had to tell. It is a story that you have never heard before, that you will never hear from anyone else. It belongs to the past, but if you ask me, it also belongs to the future. Have you ever seen someone at the eyes and felt chills up your spine? It happened to me last night, going down the street, when the lights went off and a dark silhouette, darker than night, passed before my eyes. I felt that whereof I cannot speak.

CAMILO DE LOS RIOS – ISPRA

 

THE TRAIN OF THE OTHERS

From my seat I witness the loneliness of the journey. Anonimous presences ignoring each other, providing no one trespasses the invisible borders. Among the others, two thin amber faces stand out. A cheerful smile crowned by dreadlocks and a little hand entrusted to the dignified mother. Her chador, framing the proud resistance of her eyes, is to others a refusal to conform. When they take a seat, behind them sneers break the silence and manacing tones. But the woman and her daughter stay seated. The little girl has a deep unfathomable sadness in her gaze.

CARMELA GAMBUZZA – INDUNO OLONA

 

SILENT STEPS

Tiny crumbs landed like snowflakes on the paving. Behind the curtains hopeful eyes would spy the fluttering wings, while the withheld breath sustained the fly. The little beak would beat quickly, while gleaning, uncovering the red belly, jealous of his own space. Then a swish and the guest disappeared. Loneliness would seal the window once again. The long studied sorties, the faithful wait went on together along the winter, without deceit, nor desertion. It was the steady, sincere pact between the Robin and the dweller of the house. Would spring bring a goodbye?

CARMELA GAMBUZZA – INDUNO OLONA

 

LOVING NATURE

Growing in the wilderness was a bless. Since his early days, he would wake up well before the sunrise, so as to enjoy all the colours the new day would bring along. He would stare in awe, among the trees, to the ever changing light. These moments were devoted to a sort of prayer to Nature and to any Creator that generated the complex, delicate, yet beautiful Life. When his time had come, he slowly let himself lie on the forest ground, ready to participate rather than staring. Here rests Rufus the fungus, reads the tombstone that elves carefully laid.

CHIARA FRESCURATO – DORMELLETTO

 

MANDELA

Maria couldn’t sleep well. She woke up in the middle of the night to the mocking laughter of her classmates, to Nelson’s crying. At breakfast she wanted to talk to Mum about it, to whisper her doubts to Dad in the car. But she couldn’t. “My classmates are fool. But why didn’t the teacher do anything? Why didn’t she explain that that child is the same as us?” In the classroom, Maria takes crayons and blank paper. She invites Nelson to sit beside her and together they draw, using all the colours. Beyond the colours, a rainbow of friendship.

FRANCESCO RAGAZZONI – NEBBIUNO

 

LOVING TIME

Catalunya spirit, resonating the seasonal tune, tinging the tree leaves red and gold, hugging the lake with autumn passion.

KEVIN DOUGLAS – BREBBIA

 

THE MOON

Looking at the moon, the man retraced his steps.

MICHELE PRATA – PAVIA

 

AT THE PARK

“I am the past, you are the future, please listen to me and the story I want to tell you.” said the old tree to the children who were playing in its shade.

MICHELE PRATA – PAVIA

 

PAIN

Tuileries Garden. Paris. We sit on one of hundred chairs put around the pond to welcome visitors. Everybody, in a prayer-like silence, is watching the clouds sail. Except me. I cannot get my eyes off my daughter, of her stories. She talks. I listen. We hug. We are tight, physical. We stare at the same cloud. More stories. It is unusually warm. Another story, another cloud. I absorb every word. The warmth is melting the pain of our separation when we were cut off for months. Another story. I listen. We continue walking, embraced by this refined warm space.

NADA EDWARDS-KOJIC – ISPRA

 

THE ORANGE TENT

When, after a week of preparation, the orange tent, made in Czechoslovakia, appeared from the cellar, we were ready. We descended towards the Adriatic on a day, boiling hot like our car. We stopped for the obligatory break, eating lamb, listening to the stories of what was awaiting us ahead … Mummy was happy: we were ONE happy family. Daddy because he talked to people from dawn to dusk. My brother for he loved sand. I believed all families are just like mine and that it is normal to holiday in the tent under pines by the sea.

NADA EDWARDS-KOJIC – ISPRA

 

PARTING

His skin was loose, spots and warts everywhere. I shaved his beard and washed his skinny body.

He moaned and recognized my touch.

NANDA ROSING – MONVALLE

 

IT’S APPROACHING

My head is spinning. It is overwhelming, while at the same time the retreat already begun. The uphill struggle has taken up too much precious time. Because of the choices, which seemed inescapable, the wishes never came true. I ran fast, so fast that I hoped time would not catch up with me. The lack of the expected delight is painful. Someday, maybe never.

NANDA ROSING – MONVALLE

 

THE PURR

A purr lulls the night. Suddenly, a thud breaks the silence; after a while another one is heard and then one more. A sturdy hand, covered with a veil of dust, places them on the bench. The other one fumbles inside a box, to choose by touch, the one with the most suitable grit. Both patiently and evenly sand each piece firmly until it becomes smooth as a baby’s skin. He takes off his apron, checks that everything is in order, turns off the light and closes the door. He will continue the next day.

PATRICIA JOSEFINA GUTIERREZ PESCE – VITERBO

 

DUSK AND DAWN

The descent began amidst jokes and slips. Suddenly, everything turned black. We held on like paper dolls. We shouted for help; our companions did not hear us. As the moon set, the shy singing of nocturnal insects gave way to the chirping of toucans chattering among themselves, to the screeching of monkeys frolicking from tree to tree and to the screaming of colourful macaws crossing the sky. Little by little they added to the incomparable concert of every dawn in paradise on earth. We stood up, looked into each other’s eyes and embraced; ready for another unforgettable day.

PATRICIA JOSEFINA GUTIERREZ PESCE – VITERBO

 

SAPOTE TREE

–I planted this sapote tree sixty-five years ago, grandson.

–Why is it that you remember plating it, grandpa.

–Because I planted it the date Aurora, your grandma, left me.

–Why did grandma leave you, grandpa?

–I asked her, but she would not tell me anything.

–But how does planting a sapote tree consoles you?

–Because ripen sapotes smell like your grandma. We were only eighteen-years-old when she left for Salamanca.

PAULINO LUNA – CALIFORNIA

 

NOT BEING REACHABLE

Arrival India: waiting for the immigration. How stupid that I didn’t manage to log into the free airport wifi. Eventually exiting the immigration area I had to show my entry stamp again. Next to the controlling official stood another gentleman asking me for my first name showing my picture on WhatsApp. Should I say yes: it‘s me? Who knows what they’re going to do with you. It turned out that he was the boss of the airport and had been instructed by my pick-up to pass me through the VIP passport control. How stupid that I had not been available!

STEFAN SCHEER – CARAVATE

 

AMAZING NATURE

In front of us lay shells, fossilized, millions of years old. And over there, there were squids, clearly recognizable. And even further afield: a whole graveyard of turtles. You could see them in small or large, the grain of the turtle shell was clearly visible. That in such an exploited world such facts were just lying on the ground seemed somehow unreal. I was stunned. And if that’s any fake, maybe laid down by the locals to attract tourists? But such an effort seemed even more unreal to me. Drunken from these bizarre impressions we went to bed early.

STEFAN SCHEER – CARAVATE

 

LANGUAGE LOOP

… and again, I suffered from this quite peculiar speech disorder. I was able to make the first sentence correctly. Then, word after word, each phrase got shorter. Was often a matter of seconds. Any speech became terser. Too short indeed. Almost violent. Abruptly. Slowly recovering. And promptly restoring. Going back to complete pronouncements. In few seconds, I was able to speak normally again. But then, the issue was always back, and getting worse.

Recently it began to affect my memory, making it shorter too.

And so, again …

STEFANO ADRIANI – LAVENO MONBELLO

 

VOYAGERS

Any news about the probe coming from the second arm?

Yes: it contains a storage system we used thousands of years

Really? Which one?

The parabolic solid state But this is huge!

Oh, it should be very old: did you manage to decode any mes- sage?

No, all data have disappeared: not enough radiation hardened.

What a pity! Anything else?

Yes, they attached an animal manger on the

The little gold dish? Why didn’t they send a real message?

STEFANO ADRIANI – LAVENO MONBELLO

 

BACK IN TIME, JUST FOR A WHILE.

When she enters the room, she sees them straight away. At last! The oldest runs quickly to catch his soft ball. Goofing around, chasing it around the house, the fun is immeasurable! The little one, staring, shakes her small toy, smiling at his laud laughter. Adults talking around them, busy on adults’ talks. Does anything else really have any value, compared to children’s enthusiasm for life? Poor adults! Not allowed, anymore, to live and show their emotions at the fullest. Gone are the times when you were encouraged to be yourself, to make mistakes, to feel deeply and loudly.

VALENTINA PALA

 

FOG

Walking down the same quiet street, He was surprised of how remarkable it looked.

Astonishing trees, the same old trees, were now of different shades. Quietly losing their leaves day after day, they reminded him of his life. Made in circles like seasons, changing colours as the vicissitudes of simple existence. Finally, there it was: the lake. Fog hiding its true beauty; its profound depth was as dark as his thoughts on a rainy day. Standing there, he knew. Fog was not there to stay; leaves were going to grow back stronger and a new season was yet to come.

VALENTINA PALA